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Biochimica clinica:
Il documento contiene appunti del corso di biochimica clinica ordinati e completi, distribuiti in 18 lezioni e con indici analitici per recuperare facilmente capitoli e sotto-argomenti. Gli argomenti trattati nell'introduzione includono: informazioni generali sui laboratori e metodologie di analisi, dati e variabilità, ciclo analitico e prelievo ematico, referti, errori di misura e valori di riferimento, sensibilità e specificità, valori predittivi e test diagnostici.
La sezione dedicata agli esami di laboratorio di routine include: ordine di riempimento delle provette, anticoagulanti, analisi dell'emocromo (parametri di eritrociti, leucociti e piastrine), emostasi e cascata della coagulazione, test valutativi dell'emostasi primaria e secondaria, patologie della coagulazione, analisi delle proteine del sangue, elettroforesi proteica e alterazioni del tracciato, proteine di fase acuta, velocità di eritrosedimentazione, leucocitosi, parametri della sepsi, enzimi in diagnostica, LDH, CPK, ALP, ACP, GGT, elettroliti, acqua ed omeostasi, emogasanalisi, acidi e sistemi tampone.
Nella sezione organo specifica: marcatori renali, marcatori epatici (di coniugazione, di citolisi, di colestasi e di protidosintesi), cardiopatia ischemica e marcatori cardiaci, marcatori del carico marziale generale dell'organismo e anemie, marcatori di diagnosi e monitoraggio del diabete mellito. Il documento si conclude con 148 domande a risposta multipla per verificare l'apprendimento, la cui correzione è possibile attraverso le risposte riportate nelle ultime pagine.
Dettagli appunto:
- Autore: Sabrina Marenzi
- Università: Università degli Studi di Brescia
- Facoltà: Medicina e Chirurgia
- Corso: Medicina e Chirurgia
- Esame: Biochimica clinica
- Docente: Giorgio Biasiotto
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B I O C H I M IC A C L I N I C A Appunti di Sabrina Marenzi Università degli Studi di Brescia Facoltà: Medicina e Chirurgia Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia (magistrale a ciclo unico) Esame: Biochimica clinica, scritto (anno II) Docente: Giorgio Biasiotto A.A. 2021/2022Lezione 1 1 Lezione 1 Biochimica clinica Introduzione alla biochimica clinica Biochimica clinica: branca della medicina di laboratorio che studia con metodi chimici e biochimici la composizione dei fluidi corporei (principalmente sangue, ma anche urine, liquido pleurico, liquido cefalorachidiano, liquido sinoviale e liquidi di drenaggio per pazienti dopo interventi chirurgici). → Sviluppo di questa disciplina conseguente allo sviluppo delle discipline specialistiche (che necessitano di esami di laboratorio). Laboratorio di analisi chimico-cliniche La biochimica clinica risponde a: dati e informazioni → utili per diagnosi, monitoraggio di pazienti sottoposti a terapia o in stato patologico, monitoraggio di buona salute e screening risultati → il più possibile corretti, minimizzando gli errori, forniti in tempi utili (esempio: pazienti in pronto soccorso hanno bisogno di risultati veloci che evengono forniti dalla filiera dei laboratori di emergenza che danno risposte in un'ora, mentre pazienti più complessi usano laboratori specialistici più lenti) efficienza e sostenibilità economica → garantito il massimo dell'efficienza con la minima spesa (rapporto costo- beneficio) Caratteristiche del laboratorio Il laboratorio è inserito in una struttura che deve avere: requisiti adatti → dev'essere in grado di svolgere gli esami richiesti (anche in numero) staff preparato → persone formate con le conoscenze per questo lavoro impianti con le potenzialità necessarie Il processo ha bisogno di una certificazione della qualità del dato, che è permessa da pannello delle prestazioni erogte, pannello dei controlli di qualità, protocolli di comunicazione (il risultato di laboratorio dev'essere accessibile e comprensibile), archiviazione dati (la storia clinica del paziente dev'essere accessibile), ricerca e innovazione e valutazione costi-efficacia (rapporto costo-beneficio). Tipologie di laboratori Biochimica clinica Introduzione alla biochimica clinica Laboratorio di analisi chimico-cliniche Caratteristiche del laboratorio Tipologie di laboratori Flusso del campione in laboratorio Dati e variabilità Ciclo analitico Fase preanalitica Prelievo di sangue Indicazioni generali per il paziente Sequenza di riempimento delle provette Trasporto del campione Conservazione del campioneLezione 1 2 Esistono tre tipologie di laboratori: laboratorio di reparto o point of care → strumenti estremamente semplici, fa test semiquantitativi non complessi con risposta molto rapida, gestito da personale di reparto (medici e infermieri), utile ad esempio per pazienti post-op con sospetto sanguinamento (si cercano i valori di emoglobina) o per pazienti in affanno (si fa un'emogasanalisi per controllare la saturazione). Assimilabili a questi laboratori: quelli nelle farmacie. laboratorio generale → ben strutturato, con apparecchiature più complesse, il personale è multidisciplinare (biologi, medici, chimici, farmacisti) laboratorio specialistico → dedicato alle varie specializzazioni mediche, focalizzato su branche specifiche come immunologia, autoimmunità e coagulazione (o dedicati allo studio di patologie rare o patologie genetiche). I laboratori di uno stesso ospedale sono organizzati in rete, nel laboratorio generale vengono svolti esami di chimica clinica di base, ematologia di base, microbiologia e immunologia di base. Nei laboratori specialistici sono svolti esami più particolari e nei laboratori di reparto esami veloci che poi si interfacciano comunque con i laboratori generali. Tutti i laboratori sono tenuti in rete da servizi di controllo della qualità. La sanità e i laboratori sono gestiti a livello regionale, la Regione Lombardia ha laboratori di riferimento che mettono a disposizione campioni di verifica della qualità, che vengono fatti passare in tutti i laboratori e analizzati devono dare tutti lo stesso tipo di risposta. Punto importante per l'organizzazione: la raccolta dei campioni, che viene fatta in provette con diversi colori per ridurre le possibilità d'errore. Flusso del campione in laboratorio 1. Settore di accettazione 2. Verifica del campione 3. Centrifuga del campione se necessaria (distingue parte liquida e corpuscolata) 4. Suddivisione del campione se necessaria 5. Analisi del campione 6. Controllo dei dati che risultano dall'analisi 7. Eventuale ripetizione dell'analisi 8. Produzione del referto Il tempo che passa dall'accettazione alla produzione del referto viene detto tempo di risposta o Turn Around Time (TAT). In questo tempo non viene calcolato il tempo di trasporto del campione. Le indagini di laboratorio sono svolte con due finalità: finalità di screening (studi di igiene o salute pubblica) e finalità diagnostiche (per confermare o escludere un sospetto diagnostico). Dati e variabilità Ogni dato, derivante da un certo campione e sottoposto ad analisi, è soggetto a variabilità. Conoscere cosa influisce sulla variabilità permette di interpretare correttamente i risultati di laboratorio e di ridurla al minimo. La variabilità può essere: variabilità della misura - variabilità preanalitica → momento del prelievo, trasporto e conservazione - variabilità analitica → a carico del laboratorio (non eliminabile), può essere sistematica o casuale variabilità biologica - variabilità intraindividuale → abitudini della persona, alimentazione, ritmi biologici, background genetico (su questa variabilità sono avvantaggiati i medici di base che conoscono l'evoluzione biologica del paziente) - variabilità interindividuale → differenze tra i vari individui: genere, età, sesso, assetto genetico, stato di salute, etnia. La variabilità non è eliminabile ed esiste il rischio di inserirla in ogni punto del ciclo analitico. Quindi il laboratorio deve ridurre al minimo la variabilità analitica e conoscere al meglio la variabilità biologica per produrre dati utili (per studiare le Lezione 1 3 variabilità biologiche si fanno studi statistici sulle popolazioni). Ciclo analitico Il ciclo analitico si compone di: fase pre-analitica → comprende tutto il percorso che il campione fa prima di arrivare in laboratorio (quesito clinico del medico, scelta di un test, richiesta al laboratorio, raccolta del campione, invio del campione al laboratorio) fase analitica → comprende l'analisi e la validazione del dati (qui si chiude il ciclo analitico del laboratorio) fase post-analitica → consiste nell'interpretazione del referto da parte del clinico che ha ricevuto la risposta, nella decisione, l'azione e il suo effetto clinico (è a carico dei reparti o del medico di base) La variabilità è difficilmente inserita a livello della fase analitica perché i laboraotir devono seguire protocolli e rispettare standard di qualità, è invece inserita più facilmente a livello pre-analitico. Fase preanalitica Fase preanalitica: fase del ciclo analitico che parte dalla decisione dell'esame da prescrivere fino all'arrivo del campione in laboratorio. Questa fase è costituita da: preparazione del paziente, prelievo del materiale, raccolta del materiale, trasporto o spedizione, eventuale separazione del campione (utile perché il sangue intero contiene metaboliti e cellule vive, e queste possono utilizzare i metaboliti per sopravvivere, variandone la concentrazione) e conservazione del campione (dev'essere corretta altrimenti alcuni analiti possono variare in concentrazione perché si degradano). La fase preanalitica è quella più soggetta a variabilità, quindi il campione diventa migliore se: il paziente si sottopone a prelievo quando è ben informato e motivato, e segue le istruzioni indicate (ancora meglio: paziente ospedalizzato) le manovre di prelievo e raccolta sono corrette il trasporto del materiale al laboratorio è adeguato Prelievo di sangue Il prelievo può essere eseguito con puntura venosa, arteriosa o cutanea, ed è causa di variabilità preanalitica. Errori frequenti sono: eccessiva stasi venosa da laccio emostatico → varia la composizione dei metaboliti far stringere e aprire il pungo a laccio serrato → aumenta la visibilità delle vene ma lo sforzo anaerobico produce aumento di potassio, fosforo e lattato calibro esiguo dell'ago o eccessiva depressione della siringa → può portare ad emolisi, quindi riversamento di P, K ed enzimi eritrocitari in soluzione Indicazioni generali per il paziente Le indicazioni generali fornite al paziente per standardizzare la procedura del prelievo di sangue sono: orario del prelievo tra le 7:00 e le 9:00 (ora in cui sono tarati tutti i metaboliti) paziente a riposo seduto o supino al momento del prelievo, avendo mantenuto questa posizione per 15-20 minuti paziente a digiuno dalla sera precedente paziente con dieta regolare per i giorni precedenti (no alcol, no fumo o fumo registrato) Sequenza di riempimento delle provette Esiste una sequenza stabilita di riempimento delle provette di sangue: emocoltura (per conservare al massimo la sterilità)Lezione 1 4 coagulazione neutre (senza additivi) con attivatore della coagulazione (per ottenere il siero) con anticoagulante litio-eparina con EDTA (filiera degli emocromi) con fluoruro (per dosare glicemia e acido lattico) Trasporto del campione Gran parte della variabilità viene inserita al momento del trasporto del campione, soprattutto per esami come le urine delle 24h (il paziente deve raccoglierle autonomamente e portarle in laboratorio). I fattori da tenere sotto controllo sono: energia meccanica → vibrazioni e scuotimenti possono dare emolisi esposizione alla luce diretta → può degradare alcune sostanze come bilirubina e porfirine esposizione al calore → importante soprattutto per metaboliti volatili che devono seguire la catena del freddo (acido lattico) esposizione all'aria → soprattutto per provette per l'emogasanalisi, che non devono entrare a contatto con l'aria contaminazioni chimiche o microbiche Conservazione del campione Alcuni campioni hanno bisogno di una temperatura di conservazione di 4° (in ghiaccio) come lo ione ammonio, l'acido lattico e l'omocisteina, per alcuni metaboliti non avvengono cambiamenti per le prima 4 ore a temperatura ambiente (alcuni enzimi, elettroliti e minerali), per altri è importante la conservazione al buio (bilirubina, porfirine e vitamine). Alcuni metaboliti sono stabili e non necessitano di particolari attenzioni (colesterolo, trigliceridi e acido urico).Lezione 2 1 Lezione 2 Ripresa dei concetti della lezione precedente Standardizzazione Per le analisi cliniche dei campioni è importante fare attenzione alla standardizzazione, per ridurre al minimo le variabili. Nella fase post-analitica è difficile inserire variabilità, a meno che non ci siano incomprensioni tra laboratorio e clinico. La variabilità si inserisce a livello pre-analitico (di più) e analitico (di meno). Effetto della postura La postura infierisce sull'emoconcentrazione, in particolare quando il soggetto è in posizione ortostatica (in piedi). In posizione eretta si ha fuoriuiscita della componente acquosa dal comparto circolatorio dei tessuti, con un riduzione del volume sanguigno del 10%. Così gli analiti aumentano in concentrazione del 10%. Analisi di laboratorio Campione non idoneo Esistono cause che possono far etichettare un campione come non idoneo all'analisi. Queste cause sono: identificazione assente → non si analizza un campione se manca l'identificazione del paziente o questa non è chiara identificazione incompleta → come in casi di sospetta omonimia, anche se solitamente l'anagrafica del paziente è inserita già nel software e quando si inoltra la richiesta d'esame questa è collegata ai dati del paziente, che vengono associati in automatico mancanza di informazioni necessarie per l'esecuzione del test → la richiesta dev'essere fatta in modo corretto ed esaustivo contenitore non idoneo → ad esempio quando un paziente necessita di un esame emocromocitometrico e il campione è nella provetta di chimica clinica contenitore non integro → se il contenitore non è integro possono essere state perse parti del campione (es. parte liquida, aumenta la corpuscolata) Ripresa dei concetti della lezione precedente Standardizzazione Effetto della postura Analisi di laboratorio Campione non idoneo Variabilità biologica Referto Errori di misura Errori sistematici Errori accidentali La misura Valore medio, incertezza assoluta e valore vero Precisione Valori di riferimento Valori critici Test diagnostici Sensibilità, specificità e valori predittivi Test di screening Curve ROCLezione 2 2 prelievo non corretto → casistica difficile da valutare perché il laboratorio fa affidamento sul fatto che la fase pre- analitica sia stata corretta, ma può capitare che il prelievo sia stato fatto nel punto di infusione di una terapia (questo diventa un problema quando ad esempio vengono chiesti esami della coagulazione e il prelievo è stato fatto erroneamente nel punto di infusione di una terapia anticoagulante, che dà risultati errati) quantità insufficiente di campione → gli strumenti hanno bisogno di un volume minimo di campione da analizzare rapporto sangue-anticoagulante inadeguato o scorretto → per evitarlo, sulle provette per anticoagulante ci sono i segni di volume minimo e massimo di campione da prelevare mancata aggiunta di conservante idoneo presenza di coaguli → problematico soprattutto in analisi in cui è importante che il sangue rimanga non coagulato (per evitarlo bisogna agitare 3-4 volte le provette contenenti l'anticoagulante dopo il prelievo, in modo che questo si disperda bene e funzioni al meglio) emolisi evidente → è abbastanza frequente, e porta al riversamento del contenuto degli eritrociti in soluzione, che ne modifica le concentrazioni conservazione a temperatura non corretta esposizione a luce solare diretta → problematico soprattutto per pigmenti o analiti sensibili alla luce congelamenti e scongelamenti ripetuti → possono portare ad emolisi paziente non a digiuno → sopratutto per glicemia e controllo dei lipidi paziente non sottoposto al previsto regime dietetico → ad esempio in pazienti in cui si deve valutare la presenza di sangue occulto nelle feci, questi non devono assumere cibi che contengano perossidasi perché possono generare falsi positiv paziente non a riposo per un test per cui il riposo è fondamentale → ad esempio il dosaggio della renina Variabilità biologica La variabilità biologica è estremamente difficile da controllare, risente di: interazione del genotipo con l'ambiente → ad esempio nella malattia di Parkinson è importante l'ambiente in cui il paziente ha vissuto, più che il genotipo dinamiche dei marcatori d'organo → la distribuzione dei marcatori nei vari distretti è diversa nel nostro organismo, l'AST ad esempio risente della massa muscolare soprattutto negli uomini età → esiste una variabilità che dipende dalle fasi di vita del paziente genere → alcuni marcatori variano tra uomo e donna, e nella donna anche a seconda delle fasi della vita (pre- pubere, età fertile, menopausa) etnia → gli afroamericani ad esempio hanno valori più alti di immunoglobuline, creatinchinasi (CK), lattato deidrogenasi (LDH), AST e ALT ritmi fisiologici e circadiani → alcuni metaboliti cambiano durante la giornata, altri con l'attività fisica, la postura e l'alimentazione terapie concomitanti o assunzione di droghe Referto Referto: il referto è il risultato delle analisi di laboratorio, riporta il valore analitico accanto agli intervalli di riferimento normali per quel valore. Accanto agli intervalli possono essere presenti delle note del laboratorista per la lettura (ad esempio: "presenza di aggregati piastinici" accanto alla conta piastrinica). La produzione del referto indica che la filiera analitica è stata chiusa, e che il dato è sicuro e utilizzabile dai clinici per la gestione del paziente.Lezione 2 3 Errori di misura Ogni misura è soggetta a variabilità, quindi ogni misura è viziata da un errore. Errore: differenza tra il valore vero e il valore misurato della grandezza in esame. Può essere sistematico o accidentale. Errori sistematici Si compiono sistematicamente ad ongi misura, e possono essere: errori strumentali → legati allo strumento, che può essere poco preciso o tarato scorrettamente (ad esempio strumenti che ancora non hanno fatto i controlli di qualità) errori soggettivi → dipendono dalla poca abilità o negligenza dell'utilizzatore, ma possono anche essere errori di lettura e apprezzamento errori ambientali → sono errori sistematici difficili da correggere perché difficili da individuare, possono dipendere dal posizionamento scorretto dello strumento (ad esempio accanto ad una fonte di calore o a campi elettromagnetici che influiscono) Gli errori sistematici influiscono sulla misura sempre nello stesso senso, e per questo sono difficili da identificare. Errori accidentali Sono errori ineliminabili e detti anche casuali, perché affliggono la misura in modo casuale e dipendono da eventi brevi e imprevedibili (esempio: cambio di pressione, cambio di umidità, sbalzo di temperatura dell'aria). A differenza degli errori sistematici possono essere controllati ripetendo la misura più volte, e facendo la media aritmetica dei risultati ottenuti. Strumenti molto sensibili risentono maggiormente di questi errori. La misura La misura può essere descritta da due parametri: l'accuratezza (vicinanza tra il valore medio trovato e il valore vero della misura) e la precisione (capacità di uno strumento di dare valori che sono sostanzialmente concordanti tra di loro). Una misura precisa può non essere accurata, e questo avviene ad esempio in presenza di errori sistematici. Per gli strumenti che compiono le misure si parla di sensibilità analitica (capacità di individuare anche piccole concentrazioni della sostanza da analizzare, molto utile per trovare le recidive di alcune patologie) e specificità analitica (capacità di distinguere l'analita cercato in una soluzione molto eterogenea). Valore medio, incertezza assoluta e valore vero Per ottenere il valore più preciso in una misura si utilizza la media aritmetica dei dati raccolti. In realtà con la sola media è impossibile trovare il valore vero, quindi bisogna utilizzare le definizioni di errore assoluto (differenza tra il valore vero e il valore misurato nella grandezza d'esame) e incertezza assoluta (calcolata sottraendo il valore minimo trovato a quello massimo, e dividendo per due). Il valore vero si ottiene sommando la media aritmetica all'incertezza assoluta. Precisione La precisione è descritta con i valori di ripetitibilità (misura della precisione che un tecnico riesce ad avere in una sola seduta analitica) e riproducibilità (misura delle derivazioni inserite da tutto il personale che ruota su quell'analisi). Valori di riferimento Per ricavare i valori di riferimento viene individuata una popolazione di riferimento di individui in buona salute, su cui vengono svolti gli esami e da cui vengono ottenuti dei valori che sono studiati con metodo statistico. Questi valori si distribuiscono secondo una curva gaussiana: intorno al valore medio si distribuiscono i valori secondo deviazione standard (σ). Il valore di deviazione ±1σ racchiude il 68% della popolazione, il ±2σ racchiude il 95% della popolazione e il ±3σ racchiude il 99% della popolazione. Per caratterizzare meglio i valori normali ci si aiuta con la medicina di genere, che riconosce delle sottoclassi (uomini, donne in età prepubere, donne fertili, donne in gravidanza, donne in allattamento e donne in menopausa). I valori normali Lezione 2 4 sono quelli compresi nel ±2σ, valori tra ±2σ e ±3σ sono detti valori sospetti, mentre i valori quasi sicuramente patologici sono quelli oltre il ±3σ. Valori critici Valori critici: valori fortemente anomali che indicano una situazione di pericolo per il paziente e devono essere comunicati immediatamente dal laborista al medico curante. Alcuni esempi sono: piastrinopenia severa (rischio di emorragia interna o cerebrale), leucocitopenia (possibile infezione non contrastata a causa dell'incapacità del sistema immunitario di agire) e dati fortemente anomali in emoglobina ed ematocrito (possibile ipossia, può essere corretta con una trasfusione). Test diagnostici Un test diagnostico ideale separa perfcettamente la popolazione sana dalla popolazione malata, senza falsi positivi né falsi negativi. Ha quindi un cut-off (valore soglia) al di sopra del quale l'individuo risulta malato e al di sotto del quale questo risulta sano. In un test diagnostico reale ci sono delle sovrapposizioni, quindi bisogna trovare un valore soglia che permetta di separare quanto più possibile i malati dai sani, con il minimo numero di falsi positivi (sani che risultano malati nel test) e falsi negativi (malati che risultano sani nel test). I valori utili nello studio di un test sono: sensibilità e specificità diagnostica, prevalenza (totale malati / totale pazienti esaminati) e valore diagnostico predittivo positivo e negativo. Sensibilità, specificità e valori predittivi Per ricavare sensibilità, specificità e valori predittivi è necessario prima introdurre i concetti di veri positivi (malati che risultano positivi al test), veri negativi (sani che risultano negativi al test), falsi positivi (sani che risultano positivi al test) e falsi negativi (malati che risultano negativi al test). Da qui: Sensibilità diagnostica: esprime la probabilità che un malato risulti positivo al test, quindi si calcola come (VP)/(VP+FN)x100. Specificità diagnostica: esprime la probabilità che un sano risulti negativo al test, quindi si calcola come (VN)/(VN+FP)x100. Valore predittivo positivo: esprime la probabilità che un positivo al test sia effettivamente malato, quindi si calcola come (VP)/(VP+FP)x100. Valore predittivo negativo: esprime la probabilità che un negativo al test sia effettivamente sano, quindi si calcola come (VN)/(VN+FN)x100. Utilizzando questi parametri, in particolare i primi due, è possibile capire l'utilità di un test in virtù dello scopo prefissato. Un test ideale ha specificità e sensibilità diagnostiche entrambe al 100%, mentre un test inutile le ha entrambe al 50%. Un test normale ha valori compresi tra il 50% e il 100% sia per specificità che per sensibilità. Un test di screening solitamente ha una sensibilità del 100% (per non perdere nessun vero positivo) anche con una specificità del 50% (darà molti falsi positivi, ma questi vengono scartati con un ulteriore test). Test di screeningLezione 2 5 Un test di screening deve avere delle caratteristiche: costare poco (dev'essere effettuato su un gran numero di persone), efficace nel discriminare i sani (per non perdere alcun malato), non nocivo per il paziente e non deve presentare falsi negativi (i falsi positivi invece sono tollerabili). Curve ROC Curve ROC: curve (grafici) utilizzate in elettronica per separare il disturbo di fondo dal segnale vero e proprio, in biochimica clinica vengono utilizzate per individare il migliore valore soglia per un test diagnostico o uno screening. Una curva ROC si crea tramite un grafico con falsi positivi (ascissa = 1-specificità) e veri positivi (ordinata = sensibilità). La curva che si ottiene permette di posizionare il valore soglia migliore, che è la coordinata posizionata più in alto a sinistra (minor numero di falsi positivi per il maggior numero di veri positivi). Un test inutile ha una curva ROC diagonale.Lezione 3 1 Lezione 3 Ripresa dei concetti della lezione precedente I test di screening hanno elevata sensibilità perché devono identificare tutti i malati, pur rischiando qualche falso positivo (che verrà poi discriminato con un test per eliminare i falsi positivi). Tutti i test in realtà hanno un valore soglia di compromesso che non separa perfettamente le popolazioni di malati da quelle dei sani, e questo valore viene identificato grazie alle curve ROC (che sono usate anche negli articoli scientifici quando si studiano dei marcatori). Esempio di curva ROC Esempio: studio della glicemia. Si fa una curva ROC per misurare la performance di un test per diabete su tutti i valori della glicemia da 70mg/L a 190mg/L: un software calcola la performance del test per ogni mg/L e lo pone in un grafico che ha come ascissa i mg/L e come ordinata la probabilità di trovare un adulto non diabetico o un adulto diabetico. Si osservano due popolazioni distinte: il valore che discrimina tutti i malati è 100mg/L (sensibilità del 100%), ma questo contiene anche moltissimi falsi positivi (specificità al 50%). Un valore di 145mg/L invece discrimina bene i sani (specificità al 100%) ma crea molti falsi negativi (sensibilità al 50%). Il valore soglia ideale è 130mg/L perché individua bene sia i sani che i malati, e ha specificità e sensibilità entrambe al 97,7%. Nella curva ROC il valore soglia migliore (proprio 130mg/L) si trova in alto a sinistra, nel punto più a nord-ovest. Grafico del livello decisionale Per individuare il migliore valore soglia si puà anche usare un grafico del livello decisionale e l'indice di Youden, che si calcola con sensibilità + specificità -1. Più è alto l'indice di Youden per un determinato valore, migliore sarà quel valore come valore soglia. Prelievo ematico Prelievo ematico: procedura invasiva indispensabile per ottenere campioni di sangue da analizzare in vitro. Noto sin dai tempi di Ippocrate (come flebotomia), ma solo dal 1890 si è iniziato a prelevare il sangue con siringhe e aghi, e verso gli anni '50 la Dickinson ha introdotto i Vacutainer (sistemi a vuoto). Dispositivi per il prelievo ematico Ripresa dei concetti della lezione precedente Esempio di curva ROC Grafico del livello decisionale Prelievo ematico Dispositivi per il prelievo ematico Campione emolizzato Norme per il prelievo Fattori determinanti per la scelta della vena Norme da tenere a mente per il prelievo Corretta sequenza di riempimento delle provette Rischi e precauzioni Emocromo Composizione del sangue Plasma e siero Anticoagulanti EDTA Eparina CitratoLezione 3 2 Il prelievo è il punto in cui è più probabile inserire variabilità pre-analitica. I dispositivi per effettuarlo sono: aghi monouso sistemi di supporto (holder o camicie) → dispositivi in cui si aggancia l'ago e dove viene introdotta la provetta provette sottovuoto → hanno un codice di colore (associato ad un additivo) per indirizzarle correttamente nelle filiere analitiche siringhe → utilizzate solo quando i vacutainer non sono disponibili o ci sono vene facilmente collassabili aghi butterfly → comodi per la presenza di due alette di plastica che tengono l'ago fermo sul braccio aghi cannula → utilizzati soprattutto nei reparti intensivi, da cui si può effettuare sia il prelievo sia infondere terapie o liquidi, hanno un codice di colore in base al loro calibro (che si misura in Gauge), vengono utilizzati solitamente dai 23G in giù (minore è il Gauge, maggiore è il calibro) perché aghi più piccoli tendono a dare emolisi. Campione emolizzato L'emolisi di un campione si vede solo quando il sangue comincia a sedimentare dentro la provetta. Esistono strumenti di laboratorio associati a detector con spettrofotometri tarati sull'assorbimento dell'emoglobina che sono in grado di valutare il grado di emolisi prima della sedimentazione. Norme per il prelievo Prima del prelievo è importante verificare l'identità del paziente attraverso il braccialetto anagrafico o la carta d'identità. Prima di eseguire il prelievo l'operatore deve anche accertarsi delle condizioni fisiche del paziente. Il prelievo si può svolgere con un ago butterfly (più costoso ma più efficace), uno normale (inserito in un adattatore con la provetta sottovuoto legata) o uno cannula. Fattori determinanti per la scelta della vena Si sceglie una vena evidente, elastica e facilmente palpabile (in modo da evidenziare direzione e profondità) Si tiene conto delle condizioni delle vene e della patologia del paziente (pazienti vasculopatici e nefropatici hanno vene più fragili) Si tiene conto di eventuali terapie infusionali in corso → se c'è necessità di prelevare dai siti di infusione si arresta il flusso della terapia per almeno 2 minuti e si prelevano almeno 5mL di sangue preventivamente. I siti più comuni per il prelievo solo la piega del gomito e l'avambraccio (vena cefalica, vena cubitale mediana, vena basilica ma meno), più raramente il dorso della mano o la caviglia. Norme da tenere a mente per il prelievo Per fare un prelievo corretto è necessario: evitare prelievi da cicatrici o vicino ad ematomi (possono alterare la composizione del campione ematico) indossare i guanti evitare se possibile il laccio emostatico (o non lasciarlo per più di 3 minuti per evitare una stasi venosa) detergere la cute con alcol isopropilico al 70% e lasciarlo evaporare prima di bucare la pelle (dà emolisi) mettere il pollice a 2cm sopra l'ingresso e tirare la pelle verso il basso, inserire l'ago con il becco di flauto verso l'alto e ad un'inclinazione tra i 25° e i 45°, dopo l'ingresso in vena diminuire l'angolazione dell'ago e introdurlo di circa 1cm se non si riuscisse a prendere la vena avanzare o arretrare lentamente con l'ago, se l'esito fosse ancora negativo togliere e riprovare, dopo due tentativi lasciare il paziente ad un collega presa la vena, inserire le provette vacutainer sostituendole una dopo l'altra senza rimuovere l'ago, riempiendole nell'ordine prestabilito dopo il prelievo indurre pressione sul sito di estrazione della siringa, tenere il braccio sollevato e applicare un cerottoLezione 3 3 Corretta sequenza di riempimento delle provette Ogni provetta ha un codice colore che le identifica e va riempita secondo un ordine rispetto alle altre. Le provette con anticoagulante vanno agitate invertendole delicatamente 4-6 volte, in modo da fermare il processo coagulativo distribuendo la sostanza (in più è necessario prelevare un volume adeguato di sangue). Rischi e precauzioni Tutti gli operatori devono adottare misure di barriera idonee a prevenire l'esposizione della cute e delle mucose con sangue o altri liquidi biologici. Durante il prelievo è obbligatorio l'uso dei guanti. Aghi e taglienti non devono essere reincappucciati ma eliminati negli appositi contenitori resistenti alla puntura. Emocromo Emocromo o esame emocromocitometrico: esame che può fornire al medico importanti indicazioni relative alla parte corpuscolata del sangue, ossia quella occupata da globuli bianchi (GB), globuli rossi (GR) e piastrine (PLT). Composizione del sangue Il sangue rappresenta circa l'8% dei fludi corporei ed è costutito da: una parte corpuscolata (45% del volume ematico totale) → eritrociti (4-6 milioni), leucociti (4-10 mila) e piastrine (150-400mila) di origine mesenchimale una parte liquida detta plasma (55% del volume ematico totale) → costituito al 91% da acqua e per il 7% da proteine (albumina, fibrinogeno, globuline) Le cellule del sangue sono prodotte dal midollo osseo (nell'adulto occupa circa 4L di volume, nel bimbo 1,6L) e dagli organi linfatici secondari. Plasma e siero Il plasma contiene in esso anche i fattori della coagulazione, quindi è una matrice ricca e molto informativa per le analisi, ma anche molto dinamica e instabile dal punto di vista della composizione. Il siero non esiste in vivo perché deriva dalla coagulazione del sangue, e corrisponde alla parte che resta del plasma dopo la coagulazione (quindi è un plasma senza fattori di coagulazione e proteasi), è una matrice più povera ma più stabile. A seconda che il laboratorio svolga le proprie analisi su plasma (soprattutto in casi di emergenza, quando i risultati sono necessari in pochi minuti) o siero (per tempi più lunghi), i valori di riferimento del referto saranno diversi. Anticoagulanti Lo scopo degli anticoagulanti è permettere che il sangue rimanga liquido, ne esistono di tre tipi EDTA, sali di eparina e sodio-citrato. EDTA Acido etilen-diammino-tetraacetico, composto da un core di due atomi di carbonio legati ciascuno a due gruppi amminici, associati a due gruppi derivanti dall'acido acetico. Fa un legame di coordinazione con il calcio (Ca2+) tramite le cariche negative dei residui acetici, chiudendo al proprio interno il metallo e sequestrandolo dall'ambiente in modo irreversibile. Viene quindi classificato come un chelante (agisce come una "chela"). Il calcio è importante per la coagulazione quindi, quando viene sequestrato, la coagulazione diventa impossibile. Viene utilizzato per l'esame emocromo-citometrico. Eparina Eparina. un glicosamminoglicano altamente solforato in grado di attivare un anticoagulante naturale (l'antitrombina III), quindi non è un chelante. Viene utilizzato per esami di chimica clinica sul plasma, perché non altera i valori elettrolitici.Lezione 3 4 Citrato Citrato, si comporta da chelante come l'EDTA ma lega il calcio con le proprie cariche negative (che sono 3 e non 4) in maniera reversibile. Rende il sangue non coagulabile solo temporaneamente, quindi la coagulazione può essere artificialmente indotta in laboratorio. Viene utilizzato per esami della coagulazione.
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