B I O C H I M IC A
C L I N I C A
Appunti di Sabrina Marenzi
Università degli Studi di Brescia
Facoltà: Medicina e Chirurgia
Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia (magistrale a ciclo unico)
Esame: Biochimica clinica, scritto (anno II)
Docente: Giorgio Biasiotto
A.A. 2021/2022Lezione 1 1
Lezione 1
Biochimica clinica
Introduzione alla biochimica clinica
Biochimica clinica: branca della medicina di laboratorio che studia con metodi chimici e biochimici la
composizione dei fluidi corporei (principalmente sangue, ma anche urine, liquido pleurico, liquido
cefalorachidiano, liquido sinoviale e liquidi di drenaggio per pazienti dopo interventi chirurgici).
→ Sviluppo di questa disciplina conseguente allo sviluppo delle discipline specialistiche (che necessitano di esami di
laboratorio).
Laboratorio di analisi chimico-cliniche
La biochimica clinica risponde a:
dati e informazioni → utili per diagnosi, monitoraggio di pazienti sottoposti a terapia o in stato patologico,
monitoraggio di buona salute e screening
risultati → il più possibile corretti, minimizzando gli errori, forniti in tempi utili (esempio: pazienti in pronto soccorso
hanno bisogno di risultati veloci che evengono forniti dalla filiera dei laboratori di emergenza che danno risposte in
un'ora, mentre pazienti più complessi usano laboratori specialistici più lenti)
efficienza e sostenibilità economica → garantito il massimo dell'efficienza con la minima spesa (rapporto costo-
beneficio)
Caratteristiche del laboratorio
Il laboratorio è inserito in una struttura che deve avere:
requisiti adatti → dev'essere in grado di svolgere gli esami richiesti (anche in numero)
staff preparato → persone formate con le conoscenze per questo lavoro
impianti con le potenzialità necessarie
Il processo ha bisogno di una certificazione della qualità del dato, che è permessa da pannello delle prestazioni
erogte, pannello dei controlli di qualità, protocolli di comunicazione (il risultato di laboratorio dev'essere accessibile e
comprensibile), archiviazione dati (la storia clinica del paziente dev'essere accessibile), ricerca e innovazione e
valutazione costi-efficacia (rapporto costo-beneficio).
Tipologie di laboratori
Biochimica clinica
Introduzione alla biochimica clinica
Laboratorio di analisi chimico-cliniche
Caratteristiche del laboratorio
Tipologie di laboratori
Flusso del campione in laboratorio
Dati e variabilità
Ciclo analitico
Fase preanalitica
Prelievo di sangue
Indicazioni generali per il paziente
Sequenza di riempimento delle provette
Trasporto del campione
Conservazione del campioneLezione 1 2
Esistono tre tipologie di laboratori:
laboratorio di reparto o point of care → strumenti estremamente semplici, fa test semiquantitativi non complessi
con risposta molto rapida, gestito da personale di reparto (medici e infermieri), utile ad esempio per pazienti post-op
con sospetto sanguinamento (si cercano i valori di emoglobina) o per pazienti in affanno (si fa un'emogasanalisi per
controllare la saturazione). Assimilabili a questi laboratori: quelli nelle farmacie.
laboratorio generale → ben strutturato, con apparecchiature più complesse, il personale è multidisciplinare (biologi,
medici, chimici, farmacisti)
laboratorio specialistico → dedicato alle varie specializzazioni mediche, focalizzato su branche specifiche come
immunologia, autoimmunità e coagulazione (o dedicati allo studio di patologie rare o patologie genetiche).
I laboratori di uno stesso ospedale sono organizzati in rete, nel laboratorio generale vengono svolti esami di chimica
clinica di base, ematologia di base, microbiologia e immunologia di base. Nei laboratori specialistici sono svolti esami più
particolari e nei laboratori di reparto esami veloci che poi si interfacciano comunque con i laboratori generali. Tutti i
laboratori sono tenuti in rete da servizi di controllo della qualità.
La sanità e i laboratori sono gestiti a livello regionale, la Regione Lombardia ha laboratori di riferimento che mettono a
disposizione campioni di verifica della qualità, che vengono fatti passare in tutti i laboratori e analizzati devono dare
tutti lo stesso tipo di risposta.
Punto importante per l'organizzazione: la raccolta dei campioni, che viene fatta in provette con diversi colori per ridurre le
possibilità d'errore.
Flusso del campione in laboratorio
1. Settore di accettazione
2. Verifica del campione
3. Centrifuga del campione se necessaria (distingue parte liquida e corpuscolata)
4. Suddivisione del campione se necessaria
5. Analisi del campione
6. Controllo dei dati che risultano dall'analisi
7. Eventuale ripetizione dell'analisi
8. Produzione del referto
Il tempo che passa dall'accettazione alla produzione del referto viene detto tempo di risposta o Turn Around Time
(TAT). In questo tempo non viene calcolato il tempo di trasporto del campione. Le indagini di laboratorio sono svolte con
due finalità: finalità di screening (studi di igiene o salute pubblica) e finalità diagnostiche (per confermare o escludere
un sospetto diagnostico).
Dati e variabilità
Ogni dato, derivante da un certo campione e sottoposto ad analisi, è soggetto a variabilità. Conoscere cosa influisce
sulla variabilità permette di interpretare correttamente i risultati di laboratorio e di ridurla al minimo. La variabilità può
essere:
variabilità della misura
- variabilità preanalitica → momento del prelievo, trasporto e conservazione
- variabilità analitica → a carico del laboratorio (non eliminabile), può essere sistematica o casuale
variabilità biologica
- variabilità intraindividuale → abitudini della persona, alimentazione, ritmi biologici, background genetico (su
questa variabilità sono avvantaggiati i medici di base che conoscono l'evoluzione biologica del paziente)
- variabilità interindividuale → differenze tra i vari individui: genere, età, sesso, assetto genetico, stato di salute,
etnia.
La variabilità non è eliminabile ed esiste il rischio di inserirla in ogni punto del ciclo analitico. Quindi il laboratorio deve
ridurre al minimo la variabilità analitica e conoscere al meglio la variabilità biologica per produrre dati utili (per studiare le Lezione 1 3
variabilità biologiche si fanno studi statistici sulle popolazioni).
Ciclo analitico
Il ciclo analitico si compone di:
fase pre-analitica → comprende tutto il percorso che il campione fa prima di arrivare in laboratorio (quesito clinico
del medico, scelta di un test, richiesta al laboratorio, raccolta del campione, invio del campione al laboratorio)
fase analitica → comprende l'analisi e la validazione del dati (qui si chiude il ciclo analitico del laboratorio)
fase post-analitica → consiste nell'interpretazione del referto da parte del clinico che ha ricevuto la risposta, nella
decisione, l'azione e il suo effetto clinico (è a carico dei reparti o del medico di base)
La variabilità è difficilmente inserita a livello della fase analitica perché i laboraotir devono seguire protocolli e rispettare
standard di qualità, è invece inserita più facilmente a livello pre-analitico.
Fase preanalitica
Fase preanalitica: fase del ciclo analitico che parte dalla decisione dell'esame da prescrivere fino all'arrivo del
campione in laboratorio.
Questa fase è costituita da: preparazione del paziente, prelievo del materiale, raccolta del materiale, trasporto o
spedizione, eventuale separazione del campione (utile perché il sangue intero contiene metaboliti e cellule vive, e queste
possono utilizzare i metaboliti per sopravvivere, variandone la concentrazione) e conservazione del campione
(dev'essere corretta altrimenti alcuni analiti possono variare in concentrazione perché si degradano).
La fase preanalitica è quella più soggetta a variabilità, quindi il campione diventa migliore se:
il paziente si sottopone a prelievo quando è ben informato e motivato, e segue le istruzioni indicate (ancora meglio:
paziente ospedalizzato)
le manovre di prelievo e raccolta sono corrette
il trasporto del materiale al laboratorio è adeguato
Prelievo di sangue
Il prelievo può essere eseguito con puntura venosa, arteriosa o cutanea, ed è causa di variabilità preanalitica. Errori
frequenti sono:
eccessiva stasi venosa da laccio emostatico → varia la composizione dei metaboliti
far stringere e aprire il pungo a laccio serrato → aumenta la visibilità delle vene ma lo sforzo anaerobico produce
aumento di potassio, fosforo e lattato
calibro esiguo dell'ago o eccessiva depressione della siringa → può portare ad emolisi, quindi riversamento di P, K
ed enzimi eritrocitari in soluzione
Indicazioni generali per il paziente
Le indicazioni generali fornite al paziente per standardizzare la procedura del prelievo di sangue sono:
orario del prelievo tra le 7:00 e le 9:00 (ora in cui sono tarati tutti i metaboliti)
paziente a riposo seduto o supino al momento del prelievo, avendo mantenuto questa posizione per 15-20 minuti
paziente a digiuno dalla sera precedente
paziente con dieta regolare per i giorni precedenti (no alcol, no fumo o fumo registrato)
Sequenza di riempimento delle provette
Esiste una sequenza stabilita di riempimento delle provette di sangue:
emocoltura (per conservare al massimo la sterilità)Lezione 1 4
coagulazione
neutre (senza additivi)
con attivatore della coagulazione (per ottenere il siero)
con anticoagulante litio-eparina
con EDTA (filiera degli emocromi)
con fluoruro (per dosare glicemia e acido lattico)
Trasporto del campione
Gran parte della variabilità viene inserita al momento del trasporto del campione, soprattutto per esami come le urine
delle 24h (il paziente deve raccoglierle autonomamente e portarle in laboratorio). I fattori da tenere sotto controllo sono:
energia meccanica → vibrazioni e scuotimenti possono dare emolisi
esposizione alla luce diretta → può degradare alcune sostanze come bilirubina e porfirine
esposizione al calore → importante soprattutto per metaboliti volatili che devono seguire la catena del freddo (acido
lattico)
esposizione all'aria → soprattutto per provette per l'emogasanalisi, che non devono entrare a contatto con l'aria
contaminazioni chimiche o microbiche
Conservazione del campione
Alcuni campioni hanno bisogno di una temperatura di conservazione di 4° (in ghiaccio) come lo ione ammonio, l'acido
lattico e l'omocisteina, per alcuni metaboliti non avvengono cambiamenti per le prima 4 ore a temperatura ambiente
(alcuni enzimi, elettroliti e minerali), per altri è importante la conservazione al buio (bilirubina, porfirine e vitamine).
Alcuni metaboliti sono stabili e non necessitano di particolari attenzioni (colesterolo, trigliceridi e acido urico).Lezione 2 1
Lezione 2
Ripresa dei concetti della lezione precedente
Standardizzazione
Per le analisi cliniche dei campioni è importante fare attenzione alla standardizzazione, per ridurre al minimo le variabili.
Nella fase post-analitica è difficile inserire variabilità, a meno che non ci siano incomprensioni tra laboratorio e clinico. La
variabilità si inserisce a livello pre-analitico (di più) e analitico (di meno).
Effetto della postura
La postura infierisce sull'emoconcentrazione, in particolare quando il soggetto è in posizione ortostatica (in piedi). In
posizione eretta si ha fuoriuiscita della componente acquosa dal comparto circolatorio dei tessuti, con un riduzione del
volume sanguigno del 10%. Così gli analiti aumentano in concentrazione del 10%.
Analisi di laboratorio
Campione non idoneo
Esistono cause che possono far etichettare un campione come non idoneo all'analisi. Queste cause sono:
identificazione assente → non si analizza un campione se manca l'identificazione del paziente o questa non è
chiara
identificazione incompleta → come in casi di sospetta omonimia, anche se solitamente l'anagrafica del paziente è
inserita già nel software e quando si inoltra la richiesta d'esame questa è collegata ai dati del paziente, che vengono
associati in automatico
mancanza di informazioni necessarie per l'esecuzione del test → la richiesta dev'essere fatta in modo corretto
ed esaustivo
contenitore non idoneo → ad esempio quando un paziente necessita di un esame emocromocitometrico e il
campione è nella provetta di chimica clinica
contenitore non integro → se il contenitore non è integro possono essere state perse parti del campione (es. parte
liquida, aumenta la corpuscolata)
Ripresa dei concetti della lezione precedente
Standardizzazione
Effetto della postura
Analisi di laboratorio
Campione non idoneo
Variabilità biologica
Referto
Errori di misura
Errori sistematici
Errori accidentali
La misura
Valore medio, incertezza assoluta e valore vero
Precisione
Valori di riferimento
Valori critici
Test diagnostici
Sensibilità, specificità e valori predittivi
Test di screening
Curve ROCLezione 2 2
prelievo non corretto → casistica difficile da valutare perché il laboratorio fa affidamento sul fatto che la fase pre-
analitica sia stata corretta, ma può capitare che il prelievo sia stato fatto nel punto di infusione di una terapia (questo
diventa un problema quando ad esempio vengono chiesti esami della coagulazione e il prelievo è stato fatto
erroneamente nel punto di infusione di una terapia anticoagulante, che dà risultati errati)
quantità insufficiente di campione → gli strumenti hanno bisogno di un volume minimo di campione da analizzare
rapporto sangue-anticoagulante inadeguato o scorretto → per evitarlo, sulle provette per anticoagulante ci sono
i segni di volume minimo e massimo di campione da prelevare
mancata aggiunta di conservante idoneo
presenza di coaguli → problematico soprattutto in analisi in cui è importante che il sangue rimanga non coagulato
(per evitarlo bisogna agitare 3-4 volte le provette contenenti l'anticoagulante dopo il prelievo, in modo che questo si
disperda bene e funzioni al meglio)
emolisi evidente → è abbastanza frequente, e porta al riversamento del contenuto degli eritrociti in soluzione, che
ne modifica le concentrazioni
conservazione a temperatura non corretta
esposizione a luce solare diretta → problematico soprattutto per pigmenti o analiti sensibili alla luce
congelamenti e scongelamenti ripetuti → possono portare ad emolisi
paziente non a digiuno → sopratutto per glicemia e controllo dei lipidi
paziente non sottoposto al previsto regime dietetico → ad esempio in pazienti in cui si deve valutare la presenza
di sangue occulto nelle feci, questi non devono assumere cibi che contengano perossidasi perché possono generare
falsi positiv
paziente non a riposo per un test per cui il riposo è fondamentale → ad esempio il dosaggio della renina
Variabilità biologica
La variabilità biologica è estremamente difficile da controllare, risente di:
interazione del genotipo con l'ambiente → ad esempio nella malattia di Parkinson è importante l'ambiente in cui il
paziente ha vissuto, più che il genotipo
dinamiche dei marcatori d'organo → la distribuzione dei marcatori nei vari distretti è diversa nel nostro organismo,
l'AST ad esempio risente della massa muscolare soprattutto negli uomini
età → esiste una variabilità che dipende dalle fasi di vita del paziente
genere → alcuni marcatori variano tra uomo e donna, e nella donna anche a seconda delle fasi della vita (pre-
pubere, età fertile, menopausa)
etnia → gli afroamericani ad esempio hanno valori più alti di immunoglobuline, creatinchinasi (CK), lattato
deidrogenasi (LDH), AST e ALT
ritmi fisiologici e circadiani → alcuni metaboliti cambiano durante la giornata, altri con l'attività fisica, la postura e
l'alimentazione
terapie concomitanti o assunzione di droghe
Referto
Referto: il referto è il risultato delle analisi di laboratorio, riporta il valore analitico accanto agli intervalli di
riferimento normali per quel valore.
Accanto agli intervalli possono essere presenti delle note del laboratorista per la lettura (ad esempio: "presenza di
aggregati piastinici" accanto alla conta piastrinica). La produzione del referto indica che la filiera analitica è stata chiusa,
e che il dato è sicuro e utilizzabile dai clinici per la gestione del paziente.Lezione 2 3
Errori di misura
Ogni misura è soggetta a variabilità, quindi ogni misura è viziata da un errore.
Errore: differenza tra il valore vero e il valore misurato della grandezza in esame. Può essere sistematico o
accidentale.
Errori sistematici
Si compiono sistematicamente ad ongi misura, e possono essere:
errori strumentali → legati allo strumento, che può essere poco preciso o tarato scorrettamente (ad esempio
strumenti che ancora non hanno fatto i controlli di qualità)
errori soggettivi → dipendono dalla poca abilità o negligenza dell'utilizzatore, ma possono anche essere errori di
lettura e apprezzamento
errori ambientali → sono errori sistematici difficili da correggere perché difficili da individuare, possono dipendere
dal posizionamento scorretto dello strumento (ad esempio accanto ad una fonte di calore o a campi elettromagnetici
che influiscono)
Gli errori sistematici influiscono sulla misura sempre nello stesso senso, e per questo sono difficili da identificare.
Errori accidentali
Sono errori ineliminabili e detti anche casuali, perché affliggono la misura in modo casuale e dipendono da eventi brevi e
imprevedibili (esempio: cambio di pressione, cambio di umidità, sbalzo di temperatura dell'aria). A differenza degli errori
sistematici possono essere controllati ripetendo la misura più volte, e facendo la media aritmetica dei risultati
ottenuti. Strumenti molto sensibili risentono maggiormente di questi errori.
La misura
La misura può essere descritta da due parametri: l'accuratezza (vicinanza tra il valore medio trovato e il valore vero della
misura) e la precisione (capacità di uno strumento di dare valori che sono sostanzialmente concordanti tra di loro). Una
misura precisa può non essere accurata, e questo avviene ad esempio in presenza di errori sistematici. Per gli strumenti
che compiono le misure si parla di sensibilità analitica (capacità di individuare anche piccole concentrazioni della
sostanza da analizzare, molto utile per trovare le recidive di alcune patologie) e specificità analitica (capacità di
distinguere l'analita cercato in una soluzione molto eterogenea).
Valore medio, incertezza assoluta e valore vero
Per ottenere il valore più preciso in una misura si utilizza la media aritmetica dei dati raccolti. In realtà con la sola media
è impossibile trovare il valore vero, quindi bisogna utilizzare le definizioni di errore assoluto (differenza tra il valore vero
e il valore misurato nella grandezza d'esame) e incertezza assoluta (calcolata sottraendo il valore minimo trovato a
quello massimo, e dividendo per due). Il valore vero si ottiene sommando la media aritmetica all'incertezza assoluta.
Precisione
La precisione è descritta con i valori di ripetitibilità (misura della precisione che un tecnico riesce ad avere in una sola
seduta analitica) e riproducibilità (misura delle derivazioni inserite da tutto il personale che ruota su quell'analisi).
Valori di riferimento
Per ricavare i valori di riferimento viene individuata una popolazione di riferimento di individui in buona salute, su cui
vengono svolti gli esami e da cui vengono ottenuti dei valori che sono studiati con metodo statistico. Questi valori si
distribuiscono secondo una curva gaussiana: intorno al valore medio si distribuiscono i valori secondo deviazione
standard (σ). Il valore di deviazione ±1σ racchiude il 68% della popolazione, il ±2σ racchiude il 95% della popolazione e
il ±3σ racchiude il 99% della popolazione.
Per caratterizzare meglio i valori normali ci si aiuta con la medicina di genere, che riconosce delle sottoclassi (uomini,
donne in età prepubere, donne fertili, donne in gravidanza, donne in allattamento e donne in menopausa). I valori normali Lezione 2 4
sono quelli compresi nel ±2σ, valori tra ±2σ e ±3σ sono detti valori sospetti, mentre i valori quasi sicuramente patologici
sono quelli oltre il ±3σ.
Valori critici
Valori critici: valori fortemente anomali che indicano una situazione di pericolo per il paziente e devono
essere comunicati immediatamente dal laborista al medico curante.
Alcuni esempi sono: piastrinopenia severa (rischio di emorragia interna o cerebrale), leucocitopenia (possibile infezione
non contrastata a causa dell'incapacità del sistema immunitario di agire) e dati fortemente anomali in emoglobina ed
ematocrito (possibile ipossia, può essere corretta con una trasfusione).
Test diagnostici
Un test diagnostico ideale separa perfcettamente la popolazione sana dalla popolazione malata, senza falsi positivi né
falsi negativi. Ha quindi un cut-off (valore soglia) al di sopra del quale l'individuo risulta malato e al di sotto del quale
questo risulta sano. In un test diagnostico reale ci sono delle sovrapposizioni, quindi bisogna trovare un valore soglia
che permetta di separare quanto più possibile i malati dai sani, con il minimo numero di falsi positivi (sani che risultano
malati nel test) e falsi negativi (malati che risultano sani nel test).
I valori utili nello studio di un test sono: sensibilità e specificità diagnostica, prevalenza (totale malati / totale pazienti
esaminati) e valore diagnostico predittivo positivo e negativo.
Sensibilità, specificità e valori predittivi
Per ricavare sensibilità, specificità e valori predittivi è necessario prima introdurre i concetti di veri positivi (malati che
risultano positivi al test), veri negativi (sani che risultano negativi al test), falsi positivi (sani che risultano positivi al test)
e falsi negativi (malati che risultano negativi al test).
Da qui:
Sensibilità diagnostica: esprime la probabilità che un malato risulti positivo al test, quindi si calcola come
(VP)/(VP+FN)x100.
Specificità diagnostica: esprime la probabilità che un sano risulti negativo al test, quindi si calcola come
(VN)/(VN+FP)x100.
Valore predittivo positivo: esprime la probabilità che un positivo al test sia effettivamente malato, quindi si
calcola come (VP)/(VP+FP)x100.
Valore predittivo negativo: esprime la probabilità che un negativo al test sia effettivamente sano, quindi si
calcola come (VN)/(VN+FN)x100.
Utilizzando questi parametri, in particolare i primi due, è possibile capire l'utilità di un test in virtù dello scopo prefissato.
Un test ideale ha specificità e sensibilità diagnostiche entrambe al 100%, mentre un test inutile le ha entrambe al 50%.
Un test normale ha valori compresi tra il 50% e il 100% sia per specificità che per sensibilità. Un test di screening
solitamente ha una sensibilità del 100% (per non perdere nessun vero positivo) anche con una specificità del 50% (darà
molti falsi positivi, ma questi vengono scartati con un ulteriore test).
Test di screeningLezione 2 5
Un test di screening deve avere delle caratteristiche: costare poco (dev'essere effettuato su un gran numero di
persone), efficace nel discriminare i sani (per non perdere alcun malato), non nocivo per il paziente e non deve
presentare falsi negativi (i falsi positivi invece sono tollerabili).
Curve ROC
Curve ROC: curve (grafici) utilizzate in elettronica per separare il disturbo di fondo dal segnale vero e proprio,
in biochimica clinica vengono utilizzate per individare il migliore valore soglia per un test diagnostico o uno
screening.
Una curva ROC si crea tramite un grafico con falsi positivi (ascissa = 1-specificità) e veri positivi (ordinata =
sensibilità). La curva che si ottiene permette di posizionare il valore soglia migliore, che è la coordinata posizionata più
in alto a sinistra (minor numero di falsi positivi per il maggior numero di veri positivi). Un test inutile ha una curva ROC
diagonale.Lezione 3 1
Lezione 3
Ripresa dei concetti della lezione precedente
I test di screening hanno elevata sensibilità perché devono identificare tutti i malati, pur rischiando qualche falso positivo
(che verrà poi discriminato con un test per eliminare i falsi positivi). Tutti i test in realtà hanno un valore soglia di
compromesso che non separa perfettamente le popolazioni di malati da quelle dei sani, e questo valore viene
identificato grazie alle curve ROC (che sono usate anche negli articoli scientifici quando si studiano dei marcatori).
Esempio di curva ROC
Esempio: studio della glicemia. Si fa una curva ROC per misurare la performance di un test per diabete su tutti i valori
della glicemia da 70mg/L a 190mg/L: un software calcola la performance del test per ogni mg/L e lo pone in un grafico
che ha come ascissa i mg/L e come ordinata la probabilità di trovare un adulto non diabetico o un adulto diabetico. Si
osservano due popolazioni distinte: il valore che discrimina tutti i malati è 100mg/L (sensibilità del 100%), ma questo
contiene anche moltissimi falsi positivi (specificità al 50%). Un valore di 145mg/L invece discrimina bene i sani
(specificità al 100%) ma crea molti falsi negativi (sensibilità al 50%). Il valore soglia ideale è 130mg/L perché individua
bene sia i sani che i malati, e ha specificità e sensibilità entrambe al 97,7%. Nella curva ROC il valore soglia migliore
(proprio 130mg/L) si trova in alto a sinistra, nel punto più a nord-ovest.
Grafico del livello decisionale
Per individuare il migliore valore soglia si puà anche usare un grafico del livello decisionale e l'indice di Youden, che
si calcola con sensibilità + specificità -1. Più è alto l'indice di Youden per un determinato valore, migliore sarà quel
valore come valore soglia.
Prelievo ematico
Prelievo ematico: procedura invasiva indispensabile per ottenere campioni di sangue da analizzare in vitro.
Noto sin dai tempi di Ippocrate (come flebotomia), ma solo dal 1890 si è iniziato a prelevare il sangue con siringhe e
aghi, e verso gli anni '50 la Dickinson ha introdotto i Vacutainer (sistemi a vuoto).
Dispositivi per il prelievo ematico
Ripresa dei concetti della lezione precedente
Esempio di curva ROC
Grafico del livello decisionale
Prelievo ematico
Dispositivi per il prelievo ematico
Campione emolizzato
Norme per il prelievo
Fattori determinanti per la scelta della vena
Norme da tenere a mente per il prelievo
Corretta sequenza di riempimento delle provette
Rischi e precauzioni
Emocromo
Composizione del sangue
Plasma e siero
Anticoagulanti
EDTA
Eparina
CitratoLezione 3 2
Il prelievo è il punto in cui è più probabile inserire variabilità pre-analitica. I dispositivi per effettuarlo sono:
aghi monouso
sistemi di supporto (holder o camicie) → dispositivi in cui si aggancia l'ago e dove viene introdotta la provetta
provette sottovuoto → hanno un codice di colore (associato ad un additivo) per indirizzarle correttamente nelle
filiere analitiche
siringhe → utilizzate solo quando i vacutainer non sono disponibili o ci sono vene facilmente collassabili
aghi butterfly → comodi per la presenza di due alette di plastica che tengono l'ago fermo sul braccio
aghi cannula → utilizzati soprattutto nei reparti intensivi, da cui si può effettuare sia il prelievo sia infondere terapie o
liquidi, hanno un codice di colore in base al loro calibro (che si misura in Gauge), vengono utilizzati solitamente dai
23G in giù (minore è il Gauge, maggiore è il calibro) perché aghi più piccoli tendono a dare emolisi.
Campione emolizzato
L'emolisi di un campione si vede solo quando il sangue comincia a sedimentare dentro la provetta. Esistono strumenti di
laboratorio associati a detector con spettrofotometri tarati sull'assorbimento dell'emoglobina che sono in grado di valutare
il grado di emolisi prima della sedimentazione.
Norme per il prelievo
Prima del prelievo è importante verificare l'identità del paziente attraverso il braccialetto anagrafico o la carta d'identità.
Prima di eseguire il prelievo l'operatore deve anche accertarsi delle condizioni fisiche del paziente. Il prelievo si può
svolgere con un ago butterfly (più costoso ma più efficace), uno normale (inserito in un adattatore con la provetta
sottovuoto legata) o uno cannula.
Fattori determinanti per la scelta della vena
Si sceglie una vena evidente, elastica e facilmente palpabile (in modo da evidenziare direzione e profondità)
Si tiene conto delle condizioni delle vene e della patologia del paziente (pazienti vasculopatici e nefropatici hanno
vene più fragili)
Si tiene conto di eventuali terapie infusionali in corso → se c'è necessità di prelevare dai siti di infusione si arresta
il flusso della terapia per almeno 2 minuti e si prelevano almeno 5mL di sangue preventivamente.
I siti più comuni per il prelievo solo la piega del gomito e l'avambraccio (vena cefalica, vena cubitale mediana, vena
basilica ma meno), più raramente il dorso della mano o la caviglia.
Norme da tenere a mente per il prelievo
Per fare un prelievo corretto è necessario:
evitare prelievi da cicatrici o vicino ad ematomi (possono alterare la composizione del campione ematico)
indossare i guanti
evitare se possibile il laccio emostatico (o non lasciarlo per più di 3 minuti per evitare una stasi venosa)
detergere la cute con alcol isopropilico al 70% e lasciarlo evaporare prima di bucare la pelle (dà emolisi)
mettere il pollice a 2cm sopra l'ingresso e tirare la pelle verso il basso, inserire l'ago con il becco di flauto verso
l'alto e ad un'inclinazione tra i 25° e i 45°, dopo l'ingresso in vena diminuire l'angolazione dell'ago e introdurlo di circa
1cm
se non si riuscisse a prendere la vena avanzare o arretrare lentamente con l'ago, se l'esito fosse ancora negativo
togliere e riprovare, dopo due tentativi lasciare il paziente ad un collega
presa la vena, inserire le provette vacutainer sostituendole una dopo l'altra senza rimuovere l'ago, riempiendole
nell'ordine prestabilito
dopo il prelievo indurre pressione sul sito di estrazione della siringa, tenere il braccio sollevato e applicare un
cerottoLezione 3 3
Corretta sequenza di riempimento delle provette
Ogni provetta ha un codice colore che le identifica e va riempita secondo un ordine rispetto alle altre. Le provette con
anticoagulante vanno agitate invertendole delicatamente 4-6 volte, in modo da fermare il processo coagulativo
distribuendo la sostanza (in più è necessario prelevare un volume adeguato di sangue).
Rischi e precauzioni
Tutti gli operatori devono adottare misure di barriera idonee a prevenire l'esposizione della cute e delle mucose con
sangue o altri liquidi biologici. Durante il prelievo è obbligatorio l'uso dei guanti. Aghi e taglienti non devono essere
reincappucciati ma eliminati negli appositi contenitori resistenti alla puntura.
Emocromo
Emocromo o esame emocromocitometrico: esame che può fornire al medico importanti indicazioni relative
alla parte corpuscolata del sangue, ossia quella occupata da globuli bianchi (GB), globuli rossi (GR) e piastrine
(PLT).
Composizione del sangue
Il sangue rappresenta circa l'8% dei fludi corporei ed è costutito da:
una parte corpuscolata (45% del volume ematico totale) → eritrociti (4-6 milioni), leucociti (4-10 mila) e piastrine
(150-400mila) di origine mesenchimale
una parte liquida detta plasma (55% del volume ematico totale) → costituito al 91% da acqua e per il 7% da
proteine (albumina, fibrinogeno, globuline)
Le cellule del sangue sono prodotte dal midollo osseo (nell'adulto occupa circa 4L di volume, nel bimbo 1,6L) e dagli
organi linfatici secondari.
Plasma e siero
Il plasma contiene in esso anche i fattori della coagulazione, quindi è una matrice ricca e molto informativa per le analisi,
ma anche molto dinamica e instabile dal punto di vista della composizione. Il siero non esiste in vivo perché deriva dalla
coagulazione del sangue, e corrisponde alla parte che resta del plasma dopo la coagulazione (quindi è un plasma senza
fattori di coagulazione e proteasi), è una matrice più povera ma più stabile.
A seconda che il laboratorio svolga le proprie analisi su plasma (soprattutto in casi di emergenza, quando i risultati sono
necessari in pochi minuti) o siero (per tempi più lunghi), i valori di riferimento del referto saranno diversi.
Anticoagulanti
Lo scopo degli anticoagulanti è permettere che il sangue rimanga liquido, ne esistono di tre tipi EDTA, sali di eparina e
sodio-citrato.
EDTA
Acido etilen-diammino-tetraacetico, composto da un core di due atomi di carbonio legati ciascuno a due gruppi
amminici, associati a due gruppi derivanti dall'acido acetico. Fa un legame di coordinazione con il calcio (Ca2+) tramite
le cariche negative dei residui acetici, chiudendo al proprio interno il metallo e sequestrandolo dall'ambiente in modo
irreversibile. Viene quindi classificato come un chelante (agisce come una "chela"). Il calcio è importante per la
coagulazione quindi, quando viene sequestrato, la coagulazione diventa impossibile.
Viene utilizzato per l'esame emocromo-citometrico.
Eparina
Eparina. un glicosamminoglicano altamente solforato in grado di attivare un anticoagulante naturale (l'antitrombina III),
quindi non è un chelante.
Viene utilizzato per esami di chimica clinica sul plasma, perché non altera i valori elettrolitici.Lezione 3 4
Citrato
Citrato, si comporta da chelante come l'EDTA ma lega il calcio con le proprie cariche negative (che sono 3 e non 4) in
maniera reversibile. Rende il sangue non coagulabile solo temporaneamente, quindi la coagulazione può essere
artificialmente indotta in laboratorio.
Viene utilizzato per esami della coagulazione.